Continua il nostro viaggio all’interno delle azioni e delle professionalità di PRISMA.
Obiettivo specifico della wp2, ossia della “Promozione dell’accesso ai servizi per l’integrazione” è quello di qualificare i percorsi di integrazione dei cittadini stranieri. Abbiamo intervistato Giuseppe Marchese che all’interno del progetto FAMI PRISMA si occupa del coordinamento e della supervisione degli interventi di case management.
In sintesi, come spiega Marchese, un lavoro volto a «individuare possibili percorsi, modelli operativi, interventi che, rispondendo ai bisogni territoriali delle persone e dei sistemi di zona e coinvolgendo tutte le risorse e gli attori disponibili, realizzino un ambiente di vita che offra maggiori opportunità di benessere individuale e collettivo, riducendo il rischio di disagio ed emarginazione».
Parli spesso della necessità di una struttura che connette…
«Per me è fondamentale l’integrazione delle risorse, delle professionalità, delle opportunità e dei metodi. Questa è la matrice che ha sempre supportato il mio lavoro sociale. Un lavoro incentrato sulla persona che è orizzonte professionale ma anche orizzonte etico. Allora è sempre necessaria la ricerca di una struttura che connette, esplorando analizzando e progettando per realizzare interventi personalizzati che partano dalla storia della persona, delle sue conoscenze e delle sua capacità. Il case management è sentire il progetto degli altri come il proprio. È fondamentale porsi in un rapporto di reciproco scambio con le risorse dell’ambiente circostante, le risorse della persona e la comunità, avere cura dell’altro, avere gli occhi dell’altro può permettere la costituzione di nuovi legami sociali, la riconnesione di quei legami sociali che stanno saltando nella società».
Quali sono gli ingredienti per il successo di un obiettivo del genere?
«Il successo di in sistema professionale di operatori, non importa se macro o micro, orientato alla presa in carico dell’utente, nel nostro specifico caso di migranti, dipende da 4 fattori:
1) l’esistenza di un progetto d’intervento personalizzato che prenda in considerazione la complessità del caso e preveda la mobilitazione di più risorse o servizi;
2) la qualità professionale dei singoli punti di accesso, contatto e d’intervento;
3) la disponibilità di risorse a collaborare al progetto;
4) un centro di responsabilità che si assuma il compito di garantire che il progetto venga mantenuto dall’inizio alla fine, aggiornato di fronte ai cambiamenti, in itinere e possibilmente dopo la conclusione».
Una storia che spieghi nel particolare ciò che ci stai dicendo?
«Un giovane senegalese mi ha venduto un libro di favole africane, dicendomi che mi sarebbe piaciuto, in effetti per me fu illuminante. Era la favola del colibrì, il piccolo uccello che durante un incendio nella foresta, mentre tutti gli animali fuggivano, volava in senso contrario. Al vederlo il leone gli aveva chiesto cosa stesse facendo e perché stesse andando in direzione contraria. “Vado a spegnere l’incendio” aveva risposto il colibrì e all’obiezione del leone che con la poca acqua che poteva portare nel becco non avrebbe ottenuto nessun risultato aveva risposto: “io faccio la mia parte”».