È il 2003 quando Antonio, Marcella, Dino, Luca e Claudia partecipano ad un campo di animazione e ricostruzione nei quartieri di Sarajevo organizzato dall’AGESCI, vedendo con i loro occhi i segni drammatici del conflitto serbo-bosniaco.
Sono passati 10 anni dalla guerra che ha mandato in pezzi la Repubblica di Jugoslavia con l’estremismo, la pulizia etnica, le violenze di massa, le deportazioni. Quell’esperienza lascia impresso nella loro mente un imperativo: “mai piu!”. Qualche anno dopo nasce Anymore Onlus per realizzare progetti per contrastare la fame, la mancanza di istruzione e di lavoro, i regimi dittatoriali e gli stili di vita irrispettosi dell’umanità.
Dal 2009 Anymore promuove i diritti umani con progetti di sostegno a minori a Messina, in Eritrea e Rwanda, e oggi dà il suo contributo nella burrascosa emergenza COVID-19 cercando di non arrestare le sue attività, per non lasciare, ancora una volta, indietro nessuno. Dal doposcuola con l’Oratorio S. Luigi Guanella a Fondo Fucile, a L’Uomo nero racconta, un progetto di lettura per l’integrazione culturale portato avanti nelle scuole dell’infanzia, gli “anymoriani” stanno utilizzando le piattaforme social e i programmi da remoto per andare avanti.
Due le iniziative stra-ordinarie intraprese durante l’emergenza COVID: Anymore House Lab, uno spazio virtuale per giocare e pensare insieme ai bambini costretti nelle case, e una campagna per la spesa solidale a supporto delle realtà parrocchiali che ha consegnato circa 50 buste della spesa delle famiglie in difficoltà.
“In questo momento abbiamo dovuto sospendere il servizio civile in Italia e in Rwanda – ci racconta Domenico Siracusano – e rimpatriare i ragazzi impegnati nel progetto Tugende nel cuore dell’Africa, un intervento di assistenza ai minori, disabili e non, che vivono in condizioni di vulnerabilità nel distretto di Kigali”.
L’azione solidale di Anymore nasce come forma di resistenza alla violenza, all’oppressione dei più deboli. Un’azione che è sempre educativa, si legge sul loro sito, nella convinzione che, senza questa dimensione, non è possibile stimolare un reale cambiamento, nelle persone e quindi nei contesti sociali.