Charlie Barnao, docente di sociologia e sociologia di sopravvivenza presso l’Università Magna Grecia di Catanzaro, sta conducendo la ricerca etnografica “Outreaching e lavoro di comunità” che ha come destinatari le fasce più marginali del progetto Prisma, quali persone senza dimore, persone prive di protezione internazionale, persone vittime di tratta, prostitute/i, minorenni, tossicodipendenti, che vivono la propria marginalità prevalentemente sulla strada. Si tratta di una tappa di un lavoro ventennale in cui i percorsi professionali e esistenziali inevitabilmente si intrecciano in un cammino volto a comprendere realtà così poco conosciute eppure strategiche per uno sviluppo sociale e territoriale.
Da palermitano ti sei trasferito a Trento per poter studiare sociologia e lì hai abitato in una comunità d’accoglienza per giovani adulti con problemi di emarginazione sociale. Quanto questa esperienza ha influenzato l’indirizzo che avrebbero preso i tuoi studi prima e la tua vita lavorativa poi?
Sono entrato in comunità, a Villa S.Ignazio, prima ancora di iniziare l’università. Dovevo fermarmi lì qualche settimana, il tempo di organizzarmi e trovare una casa: ci sono rimasto per 15 anni. Era prevista la figura del volontario alla pari e io da studente decisi di partecipare: non pagavo vitto e alloggio e in cambio prestavo il mio lavoro. La mia tesi di laurea fu sulle persone senza dimora a Trento, quella di dottorato sulla strategia di sopravvivenza degli homeless. Le cose si sono intrecciate in maniera indissolubile. È stata un’esperienza così determinante da essere strettamente collegata con il mio percorso professionale focalizzato sul mondo della marginalità sociale.
Da allora le tue ricerche non si sono più fermate, penso ai diversi articoli pubblicati, ai libri come “Sopravvivere in strada. Elementi di sociologia di persone senza dimora” (Franco Angeli) o “Le prostitute vi precederanno” (Rubettino Editore). La strada è stata il tuo campo di ricerca…
La strada è un palcoscenico in cui alcune tendenze si vedono prima e meglio che altrove. Per esempio i cambiamenti e gli effetti delle normative sulla vita delle persone. Lo studio dei fenomeni su strada mette in evidenza tutta quella parte di umanità, di capacità strategica di sopravvivere che in altri contesti non riesce a manifestarsi in maniera così chiara. In linea di massima la vita di strada non è una scelta ma è dovuta a condizioni strutturali (economiche, carenza case, flussi migratori). Ciò non toglie che quando finisci per strada non sei un soggetto allo sbando ma sei un individuo capace di strategia. La strada impone a chi vi abita continue trasformazioni e adattamenti.
Come si lega questo tuo lungo percorso con la ricerca che stai conducendo a Palermo all’interno del progetto Prisma?
Prima c’era la convinzione che il tema della vita di strada fosse svincolato da quello dell’immigrazione e cioè che gli homeless fossero solo gli italiani. Certo, non c’erano i flussi migratori che ci sono oggi ma la questione chiave stava nell’approccio: si pensava all’intervento. C’era una differenza abissale tra le caratteristiche classiche dei barboni italiani -caratterizzati per esempio da problemi psicologici o di alcolismo- e quelle dei migranti, per cui la vita di strada era un passaggio prima di integrarsi in modo normale . Allora venivano tenuti separati. Con il mio “Sopravvivere in strada. Elementi di sociologia di persone senza dimora” (Franco Angeli Edizioni) pongo in evidenza come non sia la gente che vive in strada ma la strada stessa la questione. Non c’è differenza tra le persone che vivono in strada: nonostante siano gruppi eterogenei, sviluppano le stesse strategie di sopravvivenza. Allora l’approccio è lo stesso: studiare le trasformazioni sociali che le normative impongono alle persone che vivono in strada. Come ti ho detto, in strada certe dinamiche vengono alla luce prima, come per esempio quelle legate agli effetti dei decreti sicurezza.
La tua ricerca è iniziata da qualche mese: in che fase sei?
Al momento sto mappando il territorio, iniziando con interviste alle Unità di Strada. Sto completando gli incontri con gli operatori e realizzando le uscite sul campo sia da solo che con le Unità di strada. È molto importante questo aspetto: Palermo mi appare una realtà molto ricca e molto viva rispetto alla tematica dell’intervento di strada che invece è molto difficile e non è sviluppato così in profondità in altre città italiane. Le Unità di Strada a Palermo sono tante, ricche e variegate, vi sono eterogenee forme di intervento, proprio per questo è importante mettersi in rete.