La Consulta dei migranti di Catania

La Consulta dei migranti di Catania

La Consulta dei migranti di Catania è frutto del lavoro di 27 tra associazioni impegnate nel campo dell’accoglienza e dell’integrazione e comunità di migranti del territorio. Comunità che hanno scritto una lettera e hanno iniziato a dialogare con i rappresentanti del Comune di Catania nel 2013 e che finalmente nel 2017 sono entrati a far parte dell’amministrazione comunale.

Kobena Ibrahima, presidente della Consulta delle Culture di Palermo ha intervistato per noi il presidente della Consulta dei migranti di Catania Rama Dewanand Rao.

Quali sono i vostri obiettivi della Consulta?

Creare un rapporto con gli enti locali al fine di stabilire un dialogo interculturale. Promuovere attività socio-culturali e religiose sul territorio. Favorire l’integrazione dei cittadini delle comunità straniere residenti a Catania. Incrementare il livello di accesso alle informazioni utili. Avere un ruolo propositivo e consultivo nelle decisioni politiche inerenti all’ immigrazione.

A questo proposito, quale ruolo avete all’interno della città di Catania?

Da un lato supportiamo le comunità straniere nell’orientamento tra i diversi servizi di cui hanno bisogno per la loro inclusione e integrazione, dall’altro segnaliamo alle istituzioni competenti tutti i problemi socio-culturali che vivono i cittadini stranieri.

Inoltre facciamo da tramite tra comunità straniere e Comune, Prefettura e Questura per fronteggiare problemi come le condizioni di lavoro e di vita delle persone presenti sul territorio.

Ci impegniamo a veicolare le informazioni e gli avvisi di carattere sociale e culturale pubblicati dalle istituzioni in modo che i responsabili delle singole comunità poi le trasmettano ai propri membri nelle lingue di appartenenza.

 Quali sono le comunità attive all’interno della città di Catania?

La comunità bengalese, quella dello Sri Lanka e del Sénégal. A Catania i cittadini di questi paesi svolgono in particolare attività commerciali: tanti di loro hanno negozi alimentari, altri fanno gli ambulanti, soprattutto i senegalesi.  

Invece tra le comunità mauriziana, filippina e dello Sri lanka ci sono molti collaboratori domestici come badanti e colf.

Ci sono pure dei cittadini stranieri che lavorano come operai presso le fabbriche e una piccola minoranza ha un pubblico impiego. Ci sono per esempio dodici pakistani che qui a Catania fanno i medici.

Qual è la vostra visione d’integrazione?

Vedere un giorno i nostri figli laureati proprio qui, vederli lavorare nelle istituzioni e creare dei percorsi per facilitare la loro piena integrazione economica, sociale e politica nella società catanese. Ci piacerebbe avere spazi gratuiti per realizzare le nostre attività culturali e sportive. Il punto di partenza per realizzare tutto questo è garantire lo stesso livello di informazione che hanno i cittadini italiani.

Veicolare le informazioni è stato importantissimo per noi anche in questa fase di emergenza. Quali azioni avete intrapreso durante l’emergenza Coronavirus?

In un primo momento abbiamo cercato, appunto, di veicolare tutte le informazioni utili varate dal dpcm sui comportamenti da adottare, poi tutte le altre informazioni che riguardavano l’assistenza alimentare erogata dal Comune.

Abbiamo affiancato le diverse comunità nel disbrigo delle pratiche inerenti alla richiesta di assistenza alimentare e con l’aiuto della Cgil siamo riusciti a completare le richieste per la distribuzione della spesa da parte dei cittadini stranieri

Inoltre abbiamo beneficiato di molte donazioni alimentari da parte dei negozi del territorio. Abbiamo collaborato con la Caritas per aiutare coloro che erano senza documenti, irregolari e richiedenti asilo politico. Le comunità erano ben organizzate e trasmettevano tutte le nostre informazioni ai loro cittadini nella lingua madre.

Auspichiamo la collaborazione stretta del comune soprattutto per potere discutere delle vere problematiche che vivono gli stranieri a Catania.

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